mercoledì 30 gennaio 2019

SALVINI, DICIOTTI E LA DEMOCRAZIA




Quella dell’autorizzazione a procedere verso Salvini sul caso Diciotti è una situazione indubbiamente anomala che non ha precedenti e che è delicatissima, tant'è che secondo alcuni metterebbe in discussione i rapporti costituzionali tra i poteri dello Stato. Non stiamo parlando di un comportamento “personale” di un parlamentare di cui debba o meno rispondere penalmente, ma di un comportamento di un Ministro della Repubblica nello svolgimento delle proprie funzioni. Quindi la questione è molto più delicata di quanto si creda che non può essere archiviata con le solite valutazioni di comodo nei riguardi della magistratura o politiche di parte a favore o contro un personaggio politico come Salvini.

Premesso che il reato va ancora provato e per indagare è appunto chiesta l’autorizzazione a procedere e presupponendo che il reato ipotizzato sussista, la domanda di fondo è se le motivazioni personali politiche di un ministro possano essere chiamate a giustificazione ed esimente di un comportamento che comunque abbia violato i diritti fondamentali, nel caso particolare quello della libertà personale, violando la legge ordinaria, la Costituzione e le convenzioni internazionali sottoscritte dall’Italia.
Se il reato non dovesse essere accertato, ben venga per tutti.
Al contrario sarebbe un fatto di una gravità eccezionale che coinvolgerebbe un Ministro della Repubblica e l'intero Governo! E di ciò il M5S non si può fare complice, anche se si è agito sulla base di una linea politica condivisa, violata peraltro da comportamenti personali (se accertati, ripeto!) di un suo ministro. Se poi dovessero emergere altri responsabili, anche del M5S, dovrebbero essere sottoposti tutti ugualmente a giudizio e se condannati allontanati semplicemente dal Governo, in base al Contratto di Governo, senza alcuna necessità di crisi, a meno che la maggioranza non intenda trarne altre valutazioni.
L’azione penale può tuttavia essere negata dal ramo del Parlamento competente, oltre che per eventuale "fumus persecutionis" (come vorrebbe Salvini) anche nel caso in cui si riconosca che hanno prevalso valutazioni politiche di interesse o sicurezza nazionale. Esiste però un limite in tale “ragion di Stato” configurabile, nel caso, dal pericolo cui sono state esposte le vite umane dei migranti? Può la politica decidere da sé quale sia questo limite, sottraendosi all'azione giudiziaria? Una risposta affermativa porterebbe ad un precedente che, in questa fase storica, esporrebbe il paese a decisioni fascistoidi aberranti per la nostra traballante Democrazia e per il rispetto dei diritti fondamentali!
L’azione giudiziaria sembra del resto che stia seguendo l'iter previsto nel pieno rispetto della normativa al riguardo, anche se ciò è sgradito ad alcuni, senza alcuna prevaricazione tra poteri dello Stato, almeno al momento. Piuttosto è l’eventuale diniego dell’autorizzazione che potrebbe spingere il Tribunale a sollevare la questione davanti alla Corte Costituzionale, accusando il Senato di voler intralciare la giustizia per una pura valutazione e convenienza politica!
La valutazione politica cui è chiamato invece il Senato ha aspetti dirompenti ed incerti, almeno per quanto riguarda il M5S che si è sempre dichiarato a favore della procedibilità verso i parlamentari e solo fino ad un paio di giorni fa lo ha riaffermato nuovamente a chiare parole e che ancora una volta è in difficoltà di fronte agli spregiudicati tatticismi di Salvini.
Personalmente direi basta a corrergli dietro! Il M5S segua i suoi principi e sia coerente, perchè alla lunga è questo ciò che dà risultati.
Se ve la sentite leggete attentamente la nota sotto riportata, abbastanza completa e credo obiettiva in tutti i vari aspetti della vicenda. E’ riconducibile a Magistratura Democratica. Qualcun sicuramente storcerà il naso, ma trovatemi qualcosa che la confuti dal punto di vista tecnico ed etico e ne discutiamo.

La richiesta di autorizzazione a procedere nel caso Diciotti


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